Hai lavorato sulle ferite di cui ti ho parlato negli scorsi articoli?
Hai provato ad individuarle in un atteggiamento, in una reazione o nel modo che hai di affrontare determinate cose?
Bene.
Come ti dicevo le ferite sono cinque quindi ci manca di vedere l’ultima.
La ferita dell’ingiustizia.
Il bambino si sente vittima di un’ingiustizia, il genitore non lo considera quanto dovrebbe, non passa sufficientemente tempo con lui ed è risvegliata dal genitore dello stesso sesso. Anche questa ferita riguarda la rabbia nei confronti del genitore, delle ingiustizie della vita, delle persone e delle situazioni ingiuste.
Ecco che subito si traveste da rigido: vorrebbe che tutto fosse perfetto, non si permette di sbagliare, si prefissa obiettivi sempre troppo grandi e poi ne resta deluso se non li raggiunge. Di solito esige molto anche dal proprio corpo, va in palestra, segue diete, deve tenere anche l’alimentazione sotto controllo.
È una persona dura con chi è dello stesso sesso.
Allo stesso tempo molto sensibile, tende a chiudersi per non farsi vedere vulnerabili.
Se ti riconosci potresti saper già, in cuor tuo, che si può essere rigida/o ribelle ossia potresti far uscire questa rabbia che hai dentro, oppure disciplinata/o, e quindi, pur di restare perfetta/o non mostri la collera che, prima o poi emergerà, in un’esplosione di fuochi d’artificio che fanno molto male.
Ti ritrovi in questa ferita?
Questa è una ferita che osservo molto, soprattutto nel mondo femminile, ne sai qualcosa?
Non ho preso in considerazione le caratteristiche fisiche che le accompagnano, ma molte volte anche la conformazione fisica può venirci in aiuto per capire qual’è la ferita che più ci colpisce.
Se vorrai ne parleremo in un altro articolo.
Per ora mi fermo qui, credo che di materiale ce ne sia davvero tanto su cui lavorare.
Sì, c’è un’ottima notizia!
Su tutte queste ferite si può lavorare e ora ti spiego come.
Ore di meditazione? Corsi di consapevolezza? Ritiri spirituali?
No, nulla di tutto ciò.
Non che non facciano bene, anzi, però comincia dalle basi.
Ti chiedo di tenere bene a mente che quando re-agisci ad una ferita, non sei realmente tu a farlo, ma il tuo ego che non permette di avere una visione nitida di quello che sta accadendo.
Quindi, la prossima volta che scoprirai di agire in automatico, fermati un attimo a pensare, cerca di capire cosa ti risveglia quel fatto e quella reazione.
Quando avrai fatto, ricordati di non giudicarti e non giudicare, stanne fuori.
Se giudichi le persone, non avrai tempo per amarle.
Questo vale anche riferito a te.
Il che vuol dire che dovrai staccarti un attimo dall’accaduto e vedere le cose da punti di vista diversi, come se lo vedesse una persona al di fuori di te.
Ricordati: non giudicare, osserva!
Se non trovi la forza di lavorare tu sulle tue ferite, resterai all’interno di un loop che non ti porterà molto lontano.
Accettarsi non significa bastarsi!
L’accettarsi io lo vedo come un punto di partenza da cui puoi plasmare quelle parti di te che ti piacciono e far pace con quelle scomode.
Ricordati che è proprio tra quelle che si nasconde l’opportunità del cambiamento.
L’ultimo ingrediente, il più importante, quello che darà sapore alle tue giornate come il sale lo dà al cibo, sai qual’è?
Amati, parti da lì, il resto arriva!
Ti aspetto.
E ti abbraccio…