Dimmi che lavoro fai e ti dirò chi sei!
Suona come uno slogan, ma per molte persone è una sacrosanta verità.
Quindi, non esiste più Mario con le sue caratteristiche e la sua personalità che, tra l’altro, si trasforma, cresce e si rinnova col tempo, ma semplicemente Mario il dottore, l’impiegato, quello che lavora in banca, piuttosto che l’operaio o l’avvocato.
Non esiste più Laura, persona dalle mille risorse e potenzialità, ma Laura dottoressa, impiegata, quella che lavora in banca, piuttosto che operaia o avvocato. Per Laura aggiungo anche casalinga e/o mamma.
Perché, sì, noi donne abbiamo , da anni, questo privilegio di poter fare ben due lavori in più rispetto ai maschi: le casalinghe e le mamme.
Ora, permettimi un rewind perché mi viene la pelle d’oca a scrivere questo, so che per molti di noi queste classificazioni non esistono, ma non possiamo neanche nascondere la testa sotto la sabbia e non accorgerci che, purtroppo, per una fetta della società, sono classificazioni più che attuali.
Perché sono partita da questo?
Perché vorrei affrontare l’argomento “che professione svolgo” e complicarmi un po’ la vita parlando della “libera professione“.
Per farlo meglio utilizzerò degli step: punto 1.
Per prima cosa parliamo di me e di te come persone, prova a pensare: cosa dici quando incontri qualcuno per la prima volta.
Pensato? Bene.
Solitamente io mi presento con il mio nome di battesimo e stringo la mano, a volte aggiungo “piacere”.
Dopodiché si avvia una conversazione e, molte volte si arriva a chiedere “che professione hai?” o “di cosa ti occupi?” o, se quel giorno il tatto lo si lascia a casa, ci si sente anche dire “tu chi sei o che fai?” ( intesa come professione ndr).
Intendiamoci, molte volte dipende dal contesto in cui le nuove conoscenze si fanno, va da sè che se è ad un meeting o ad un corso legato al lavoro si incontreranno professionisti dello stesso ramo e si cercheranno colleghi con cui confrontarsi e crescere le proprie esperienze. Ma non è di questo che sto parlando. Parlo di una pizza tra genitori di scuola o una rimpatriata tra parenti che non si vedono da tempo.
Da qui scatta la magia! Tu diventi il tuo lavoro
Non esiste più Mario, nè esiste Laura, ma esiste il dottore o la dottoressa. Non esistono più Giorgio o Lucia, ma esistono l’impiegato e l’impiegata e così via.
Più che di magia parliamo di “etichette” che vengono messe addosso alle persone per classificarle e da lì partire con gli stereotipi.
Faccio un passo avanti:punto 2.
Supponi di essere a questa pizzata , sei in coppia con tuo/a marito/ moglie oppure da sola/o, supponi di essere un avvocato e tuo marito un banchiere.
È fatta!
Sicuramente ti chiederanno consulenze legali, tra un pezzo di pizza a l’altro, su come comportarsi col cane del vicino che abbaia tutta la notte e guarderanno un po’ storto tuo marito banchiere che, quasi sicuramente, avrà messo mano al loro conto in banca, oppure, gli chiederanno qualcosa sugli investimenti.
Sei un idraulico? Evviva, finalmente un idraulico, si fa così fatica a trovarne al giorno d’oggi!
E via via dicendo.
Ti è famigliare una scena di questo tipo?
Facciamo un altro passo avanti :punto 3.
La conversazione va avanti , tu ti esponi (ahi) e dici che lavori come libera professionista e tuo marito anche.
Vedi le rotelline che girano nella testa dei tuoi interlocutori che stanno già pensando a quanto hai rubato al fisco, che si annotano di dare un occhio alla macchina con cui sei arrivata/o o che pensano “ma come fai a gestire la famiglia da libera professionista?”.
Punto numero 4: lavorare in libera professione vuol dire o “farsi un mazzo tanto” o chiedere parcelle altissime per lavorare meno. Non solo, se ti fai un “mazzo tanto” vuol dire che , in qualche modo, togli tempo alla casa e alla famiglia , figli compresi. Se chiedi parcelle altissime per lavorare meno, comunque finirai per togliere tempo alla famiglia perché la tua mente rimarrà fissa sul lavoro per la maggior parte delle ore della tua giornata.
Punto numero 5: ora ti dico come la penso.
Sono una libera professionista, mi sono , passami il termine che ho usato prima, “fatta il mazzo” per tanti anni. Ho lavorato 10 ore al giorno dal lunedì al sabato per almeno i primi 7 anni di libera professione, ho rinunciato a qualche vacanza, mi sono assicurata un tetto sulla testa. Sono quella persona che alle cene (ancora senza figli) si è sentita chiedere mille pareri professionali ( che comunque, nel limite del possibile, mi piace dare) e, nella stessa conversazione, si è sentita dire che “voi ( intesi quelli che fanno la mia professione) siete abbienti”.
Ho avuto una bambina e tutto si è stravolto, le priorità sono cambiate e gestisco il mio orario seguendo, il più possibile, i suoi. Qualche tempo fa mi è stato chiesto : “Tu quante ore lavori al giorno?”, ho risposto d’impulso “Quanto voglio, organizzo la giornata lavorativa nel rispetto di me stessa e della mia famiglia”. A questa mia affermazione è calato il gelo, solo in un secondo momento, a distanza di giorni, quella persona mi ha detto “Ho pensato molto alla tua risposta dell’altra volta, sarebbe bello…”
Già il fatto che ci abbia pensato mi ha confortata molto sul desiderio , quantomeno di prendere in considerazione che siamo noi i padroni del nostro tempo.
Qui si aprono mille domande e altrettante perplessità , lo so.
Intendiamoci, anch’io incastro orari come i puzzle e qualche volta sforo il ritorno a casa di mezz’ora ( nonni santi subito!), però lo faccio consapevole d’averlo , in qualche modo , scelto io.
Quello che desidero lasciarti, oggi, sono tre concetti che mi stanno davvero a cuore:
1- Tu non sei il tuo lavoro.
Liberati dai preconcetti e da “quello che pensano gli altri”.
Tu puoi amare il tuo lavoro (io questo lo posso dire), o lo puoi odiare ( se è così , ti prego, fatti una domanda). Proprio per questo il tuo lavoro non deve condizionare la tua vita, ma , piuttosto, renderla più stimolante, piacevole, vivace.
2- La libera professione non è un limite, ma un’opportunità.
Questo vale anche per il lavoro dipendente, se piace. Ci sono davvero tante formule a cui poter accedere per avere orari “umani” che permettono di coniugare lavoro e famiglia.
3- Ricordati che la scelta è sempre tua! Puoi nasconderti dietro ad un dito e dire che il tuo orario è quello lì, che hai il mutuo da pagare, che ci sono le bollette , che la tua professione ha i turni e non si concilia con la famiglia….
È tutto vero e tutto bello fintantoché non ti peserà.
Se un giorno, però, ti svegliassi al mattino con la nausea al pensiero di andare a lavorare, se non ti andrà bene la cattiva gestione del tempo come scrivevo nell’articolo di gennaio. Se ti sentirai male al pensiero che rivedrai i bambini o il tuo compagno/a, non prima della sera tardi quando dormiranno, allora, lì, esattamente in quella nausea, cerca il cambiamento.
Per tutto questo mese vedremo insieme sulla pagina FB e IG come conciliare lavoro e famiglia, lo faremo insieme tenendo sempre bene a mente che:
Qualsiasi cosa tu faccia potrebbe non fare alcuna differenza, ma è molto importante che tu la faccia.
Mahatma Gandhi
Ti aspetto.